Non mi sembrava giusto far passare la ricorrenza dei defunti senza parlarne. Scavando nella memoria, mi sono ricordato della poesia ‘A livella, in cui ci si ricorda che – dopo morti – non conta più la casta di appartenenza
Chi meglio del suo stesso autore, il principe della risata Totò, può declamare il testo con la giusta intonazione, conferendole un tono a volte drammatico e a volte nel simpatico dialetto napoletano, senza scadere nel comico?
In modo molto più prosaico, spesso si constata (e, altrettanto spesso si nega) un fatto
Tutti dobbiamo morire
Anche io sono spaventato dalla morte, ma c’è una cosa che trovo ancora più ingiusta: una volta morti, i defunti sono spesso omaggiati anche da persone che non si sono fatte vedere da vive…soprattutto nel momento del bisogno.
La vita ci porta a dover fronteggiare prima le difficoltà, poi la morte stessa: alla seconda non c’è rimedio, ma alle prime sì. Pertanto, vorrei che – durante la vita di qualcuno – ci siano le stesse persone che partecipano alla cerimonia funebre.
Immaginate che ognuno di noi aiuti le persone a noi vicine come meglio può, senza considerare la casta di appartenenza o l’antipatia che nutriamo verso il prossimo. Quando gli altri ci lasceranno, avremmo il pensiero di aver cercato di alleviare un po’ del suo dolore. Magari avremo anche il pensiero che il defunto ha cercato di fare altrettanto con noi.
Invece, abbiamo pochi che possiamo reputare amici, il resto sono solo conoscenti. Se fossimo seri come i morti, per citare il testo della poesia, cercheremo di conoscere meglio il prossimo.
Non credo sia solo una questione legata al poco tempo che abbiamo per frequentare gli altri, ma anche un pregiudizio che abbiamo nei confronti di chi conosciamo poco, che – forse – ha detto qualcosa di sbagliato una sola volta.
14 pensieri riguardo “‘A livella di Totò – Antonio de Curtis”