
Questa sera ho deciso di non condividere nulla, ma di lasciare fluire liberamente i miei pensieri dopo aver letto su l’Huffington Post la notizia intitolata
La lettera d’addio di Michele, trentenne precario che si è tolto la vita. “Appartengo a una generazione perduta”
Leggendo il testo della lettera e considerando il gesto fatto, stiamo parlando di una persona che si è arresa, come fanno molte altre in caso di avversità che sembrano insormontabili.
Il verbo arrendersi, per avere un significato concreto, deve essere declinato e inserito in una frase: come potete leggere dalla lettera, questo ragazzo era stufo di non ottenere risposte a proposito di posti di lavoro vacanti. Forse non si parla abbastanza di quanto il lavoro sia importante sotto il profilo psicologico.
Immagino cosa potrebbero dire molti di noi:
- I credenti avrebbero suggerito a Michele di rivolgersi alla fede
- Le persone più razionali avrebbero consigliato un terapeuta
- Le persone un po’ più aperte avrebbero consigliato al loro amico di parlare di più
Tutti suggerimenti sensati, senza ombra di dubbio, ma con un difetto: mancano d’amore.
Per capire la lettera, bisogna prestare attenzione alla frase
Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca
A prima vista, potrebbe sembrare che lo scrivente parlasse di ricerca scientifica, ma non occorre uno scienziato per capire che la sua era una ricerca emotiva. Nessuno è riuscito a dare a questo ragazzo un po’ di serenità, elemento molto importante per vivere una vita soddisfacente.
Possiamo dire che Michele è stato ucciso da questa società individualista: termine forse forte, ma che rende l’idea. Non ci vuole molto a capire che la società è composta da singoli individui.
Vi faccio una domanda che può apparire retorica
Noi cosa siamo?
Singoli individui, appunto, pertanto….Michele lo abbiamo ucciso noi!
non so, io ho avuto sentore che un amico in un momento di grande solitudine pensasse al suicidio, gli ho voluto un Bene dell’Anima, (come una Madre), ma per lui era niente, e quindi l’amore non serve proprio a niente… se non che io ho sofferto molto per la fine di questa amicizia, meglio era se mi facevo i fatti miei….non voglio fare polemica ma questa è stata la mia esperienza e ti giuro che io ho fatto tutto ciò che ritenevo di poter fare.
Tu sei stata una persona sensibile, non devi fartene una colpa. Purtroppo, occorre fare 2 considerazioni:
1. Non tutti hanno avuto la tua sensibilità
2. Anche se la solitudine sembra arrivare improvvisamente, è un “processo” causato da tante cose (grandi e piccole) che si sommano nel tempo
E’ vera la tua seconda considerazione, che e’ un processo che viene da lontano e troppo grande. Io chiesi aiuto anche a persone di competenza. E’ processo lungo e delicato tornare indietro dalla profonda solitudine come essere in un barca sull’oceano senza remi.
Grazie per le tue parole su di me.
Un poco sono stata su quella barca insieme al mio amico poi lui mi ha fatto scendere…ora non so piu’ nulla.