Ieri tutti, io incluso, eravamo concentrati su San Valentino, perciò ci siamo dimenticati di due cose:
- Era il tredicesimo anniversario della morte di Marco Pantani
- Gli Stadio hanno dedicato a Marco la canzone E mi alzo sui pedali, di cui potete leggere il testo a questo link
Ammetto che l’amore sia più piacevole di ricordare della morte: questa potrebbe essere una motivazione. Secondo me, esiste una motivazione più convincente: abbiamo voluto dimenticare i torti che Marco ha subito o, forse, vorremmo vederlo un’ultima volta alzarsi sui pedali.
Passare da maglia rosa a persona dopata per un ciclista significa passare dalle stelle alle stalle, letteralmente, oppure essere dimenticati.
Permettetemi di farvi una domanda
Non credete che essersi dimenticati di questa ricorrenza significa aver dimenticato Marco?
Posso capire le giovani generazioni che non hanno visto le sue imprese in diretta televisiva, ma non capisco chi – a metà degli anni novanta – era già nella cosiddetta età della ragione.
La scusa classica
Non mi è mai importato nulla del ciclismo
è – appunto – solo uno scusa: solo per il fatto che non vi piaccia il Festival di Sanremo non significa che ne ignoriate l’esistenza! Per Marco è la stessa cosa: ho reso l’idea?
Probabilmente abbiamo voluto dimenticare Marco Pantani perché collegato ad un evento e ad un tempo che hanno infangato il ciclismo, ben lontano dalle epiche imprese di Fausto Coppi sul Passo dello Stelvio, in cui era normale passarsi la borraccia con il rivale storico Gino Bartali.
Con le persone che ci hanno tradito è un po’ la stessa cosa: la rabbia e la delusione sono così cocenti che la tristezza per averle perse passa in secondo piano. Solo la scoperta che le cose erano diverse da come abbiamo sempre creduto potrebbe farci recuperare il rapporto, seppure a posteriori.