Stasera svegliatemi solo se il mio contatto Roberto non se ne abbia a male. Avevo promesso di parlare di una frase da lui postata ieri su Facebook
Non per mettervi ansia ma il famoso “se ne riparla a settembre” è fra 2 giorni
Stasera svegliatemi solo se il mio contatto Roberto non se ne abbia a male. Avevo promesso di parlare di una frase da lui postata ieri su Facebook
Non per mettervi ansia ma il famoso “se ne riparla a settembre” è fra 2 giorni
Continuerò sempre a sostenere che la vita è proprio strana: tutti vorrebbero vivere come meglio si crede, eppure non ci riusciamo, forse perché non riusciamo a lasciare che la vita stessa segua il suo corso.
Così come P!nk si lamenta di essere sempre paragonata a Britney Spears nella canzone Don’t Let Me Get Me, tutti noi ci lamentiamo – se non di essere paragonati a…. – quanto meno di essere criticati per il proprio comportamento.
Ecco uno dei casi in cui una persona può arrivare ad odiare sé stessa, se non sostenuta o dagli amici o da un’immensa forza di volontà. Tutto questo non accadrebbe se riuscissimo a lasciare andare le cose che non ci vanno bene.
È un errore che ho fatto anche io, anche in tempi recenti, confondendo le critiche con i consigli. I primi mirano a distruggere la persona, i secondi aiutano a farla crescere. Distinguere le due cose è relativamente semplice:
Se vi comportate nel primo modo, molto probabilmente non farete il bene di quella persona: capisco che ognuno abbia il suo carattere ed il suo modo di esprimersi, ma il (sempre dovuto) rispetto passa anche nel trovare il modo giusto per comunicare con il prossimo. Un modo giusto potrebbe essere far notare le cose partendo dalla propria esperienza personale: vi farà sentire più umani.
A chi riceve una critica ingiusta, posso solo consigliare di prendersi un po’ di tempo per riflettere: come dice il maestro Kesuke Miyagi
Tuo migliore karate ancora dentro di te: devi solo tirarlo fuori!
Come nel Karate, però, tirare fuori la parte migliore di sé può richiedere un lavoro di concentrazione, soprattutto su sé stessi.
E’ ricominciato il Campionato di Calcio. Per i prossimi nove mesi circa, questo sarà argomento principale di discussione nei bar italiani, poi ci saranno le Olimpiadi invernali.
Quando ho notato la frase
Non hai mai notato quanta tristezza c’è negli occhi di chi ride e scherza sempre?
sulla pagina Facebook Una pioggia di te, pensavo si trattasse di un contributo originale. Solo dopo ho scoperto che circola su internet almeno da due anni.
Il motivo del successo di questo concetto è semplice: è profondamente vero. Anche se i problemi ci tartassano non lasciandoci dormire di notte, raramente la gente è più interessata ad ascoltare i nostri problemi. Per questo un qualsiasi individuo non si sente notato quando passeggia per strada.
Poiché siamo persone e, in quanto tali, animali sociali, ecco che ogni mattina – preparandoci per andare al lavoro – senza rendercene conto ci stiamo preparando a recitare una parte: quella della persona
Che la gente vorrebbe frequentare: una recita in cui siamo attori e spettatori contemporaneamente. Consapevoli che ognuno vive in un modo diverso, siamo arrivati a pensare che nessuno si interessi di noi e che – pertanto – siamo liberi di fare ciò che ci pare, apparendo possibilmente sempre vincenti.
Credo che l’immagine di sfondo rifletta bene questo concetto. La donna raffigurata è truccata, ma come? Secondo me, come il Corvo di Brandon Lee. Se per lungo tempo abbiamo associato il trucco a qualcosa di allegro, Il corvo ha sovvertito questa regola. Pertanto, determinati trucchi possono rappresentare il dolore.
Purtroppo, stiamo recitando e, quando la sera ci togliamo il trucco di scena, dobbiamo fare i conti con quella parte di vita che abbiamo deciso di non affrontare. Guardandoci allo specchio, molti di noi vedrebbero riflessa un’immagine tenebrosa, come quella rappresentata.
La soluzione sarebbe ovvia: smettere di recitare.
La domanda appare scontata
Chi ha il coraggio di farlo veramente?
I proverbi sono strani: nessuno potrà mai dire chi ha pronunciato per primo una determinata frase, ma tutti trovano nel testo qualcosa di profondamente giusto.
La frase di stasera ben rispecchia queste caratteristiche
Non dir di me finché di me non sai, pensa di te poi di me dirai
Un concetto talmente condivisibile che l’immagine non mente: è stata scritta su pietra! Solo le frasi scritte su carta hanno una durata limitata: resistono finché resiste la carta stessa. La pietra, invece, resiste praticamente a tutte le intemperie ed occorre una grande forza per distruggerla.
Le persone parlano molto degli altri, ma parlano pochissimo di sè stesse. In entrambi i casi, spesso lo fanno in modo improprio
Mi domando: perché ci comportiamo così? Se avete una risposta, sarò felice se la scriverete nei commenti di questo articolo, perché io non so proprio cosa pensare.
Di certo, la vita ha forgiato in modo diverso il carattere di tutti noi, ma non riusciamo a fare una riflessione banale: la nostra vita ed il nostro modo di pensare vale quanto quella del prossimo!
Il modo per risolvere il problema sarebbe molto semplice: lasciare che gli altri parlino di sé stessi e chiedere qualsiasi chiarimento venga in mente. Eppure, tanti saltano questi passaggi per giungere alle più classiche delle conclusioni affrettate e sbagliate.
Il carattere ha sicuramente una forte influenza in tutto questo: c’è chi è più sanguigno e chi più pacato, chi più riflessivo e chi più irruento. A prescindere dal carattere, però, nessuno pensa al modo in cui il prossimo reagisce a certi eventi.
Sono appena tornato da Lisbona, girando la capitale dal centro alla periferia. Cinque giorni in un Paese straniero sono sicuramente pochi per capirne la cultura, ma qualche paragone con la madrepatria lo farebbe chiunque.
Come dicono Fedez e J – AX in questa canzone
Tutto il mondo è periferia
Non una semplice rivisitazione di un proverbio, secondo me.
Ascoltando il brano, si capisce che è una critica ironica (la mia amica Angelica la chiamerebbe in un altro modo…ma per me è una critica ironica) a chi paragona la nostra cultura a quella di un qualsiasi Paese estero, esaltando i pregi altrui e smussandone i difetti.
Dalla sociologia alla psicologia il passo è breve, ma i risultati sono diversi: quante volte critichiamo una singola persona? Io sono il primo ad alzare la mano, siete pregati di fare altrettanto. In questo caso, però, noto che spesso si tende a sminuire il prossimo per esaltare determinati pregi, propri o delle persone a noi più care.
Ora rileggete i due precedenti paragrafi e rispondete questa domanda
Non è una contraddizione in termini?
Se è vero che un insieme è composto da singoli elementi omogenei, allora è anche vero che facciamo parte della razza umana, per citare un film che a me piace molto.
Forse dovremmo prendere ogni singolo elemento e valutarlo nella sua interezza, ma chi ha il tempo e – soprattutto – la voglia di farlo?
Domani partirò per Lisbona, ma in queste ore il mio pensiero va alle vittime della strage di Barcellona, città che ho visitato nel 2011.
Di solito, mi concentro su una frase o una canzone per scrivere un articolo, lasciando l’immagine di contorno. Anche un’opera visiva (non necessariamente un quadro) ha molto da dire.
Oggi debbo per forza concentrami sull’immagine realizzata da Guy Billout che ho trovato sulla pagina Facebook Informazione libera…perché la frase non c’è. La donna bionda è triste in mezzo ad un prato fiorito, mentre la donna mora è felice in mezzo ad una realtà desertica perchè ha trovato un singolo fiore. Una siepe funge da divisorio fra i due mondi.
Guy Billoutt ha scelto di rappresentare con l’immagine di due donne la differenza fra
La donna in alto trova un fiore e salta dalla felicità, come se avesse visto per la prima volta un’opera d’arte. La donna in basso, seduta con la schiena appoggiata all’altro lato della stessa siepe, è triste nonostante abbia un intero prato fiorito a sua disposizione.
Trovo che sia una rappresentazione grafica e floreale del proverbio
I soldi non fanno la felicità
o, per meglio dire, di quanto i poveri sappiano apprezzare le piccole cose ed i ricchi no. Non voglio denigrare i milanesi, che mi hanno – in un certo senso – adottato da tanti anni, però io mi sentirei più a mio agio in mezzo a quella realtà desertica della ragazza bruna piuttosto che nel prato fiorito della ragazza bionda. Fuor di metafora: preferisco un Kebap in mezzo alla strada ad una cena in ristorante stellato.
L’importante, per me, è essere in compagnia: questo simboleggiano i fiori. Per esempio: preferite andare ad un concerto sentendovi da soli in mezzo ad una folla, oppure andare ad ascoltare un coro di monaci tibetani insieme ad un amico? Io preferisco la seconda opzione: non è importante ciò che si fa, l’importante è farlo insieme.
Oggi ho trovato una frase sulla pagina Facebook Vabbè di cui sembrerebbe superfluo parlarne
Non c’è bisogno di grandi cose; Un “Ciao”, “Io ci sono”, un’attenzione piccola ma sincera, talvolta è di sollievo anche nelle giornate più buie
Proprio nel giorno in cui il re di quelli che contano (o che credono di contare) Gianluca Vacchi balza agli onori della cronaca per un’attività che non ha nulla a che fare con Instagram,ho trovato questa immagine sulla pagina Facebook Informazione Libera: una scritta in pennarello incorniciata.
Anche se la fotografia è leggermente sfocata, la frase si legge benissimo
Chissà se un giorno quelli che contano ci diranno a quanto sono arrivati