Questa mattina mi sono incamminato per andare al lavoro mentre Milano era coperta da una leggera nebbia. Credo che un angelo abbia guidato i miei passi impedendomi di cadere.
Dato il tempo, non mi sorprende il fatto che abbia percorso le poche centinaia di metri che mi separano dalla metropolitana canticchiando mentalmente il brano Angelo della nebbia, ancora una volta di Luciano Ligabue.
In giorni come questo – forse – qualcuno è più triste del solito, altri – come me – tendono a diventare più riflessivi. La nebbia non ci permette di guardare oltre un certo limite, perciò mi piace immaginare che non sia l’abituatine, ma un angelo a guidare i nostri passi.
Non è semplicemente perché viviamo in città che ci si sente così, ma la nebbia ci ricorda che il futuro, la strada che percorreremo anche solo di lì a poco, è sempre e comunque un’incognita. Se, a volte, facciamo la strada giusta lo dobbiamo all’angelo che ci guida. Altre volte, quando facciamo la scelta sbagliata, come Ligabue ci chiediamo se il nostro angelo non abbia per caso deciso di lasciarci agire di testa nostra, oppure se non si sia preso un giorno di ferie.
Forse è proprio per questo che la nebbia ci affascina e ci preoccupa contemporaneamente: a suo modo, ci ricorda che non possiamo prevedere il futuro. Allora ci chiediamo
Ci sei, Angelo della Nebbia?
Non conosco la risposta: l’angelo può esserci oppure non esserci. Una persona qualsiasi – però – non deve essere passiva, ma rendersi attiva nel migliorare la propria vita. A volte è difficile, ma doveroso.
Trovo molto utile, in casi come questo, utilizzare un diario: si può scrivere ciò che si vuole liberamente. Inoltre, rileggere ciò che noi stesi scriviamo ci permette di fare il punto della situazione e considerare se non sia il caso di cambiare qualcosa.