
Questa mattina, all’edicola dove ho preso il giornale, ho incontrato Bebe Vio che pronunciava la frase
Se sembra impossibile, allora si può fare
Naturalmente, la mia è solo una metafora (che in parte nasconde un sogno): la frase non è nient’altro che il titolo della sua autobiografia, che mi sono ripromesso di leggere, dopo aver terminato le letture in corso.
Avevo già parlato in passato di personaggi affetti da una qualche forma di disabilità. Sembrerebbe proprio impossibile che disabilità e successo possano coesistere. Eppure la vita ci insegna che questi due fattori possono coesistere fra loro.
Il fatto che una persona totalmente padrona del suo corpo o – come direbbe Bebe – con tutti i pezzi sia mediamente più insicura di una persona a cui manca qualche pezzo mi sembra quasi una legge del contrappasso: chi ha poco usa tutto il suo potenziale, chi ha tanto ne usa solo una parte.
A prescindere che crediate nel destino oppure nella natura, sembra quasi il modo usato da chi ci ha creato per pareggiare i conti: una persona disabile sembrerebbe avere più autostima di una persona cosiddetta normale.
Il mio non vuole essere un invito ad arrendersi, ma solo un invito a rendersi conto che – spesso i limiti sono solo nella nostra testa. Quella che comunemente definiamo stanchezza è in tutto o in parte una questione mentale. Potrebbe bastare rilassarsi qualche minuto per poi riprendere con buona lena e più ottimismo. Il condizionale è d’obbligo, dato che non è sempre possibile riposarsi e – a volte – potrebbe esistere anche un problema psicologico o di sbalzi d’umore.
E’ un fatto che debbo imparare io stesso,lo so, ma rendersene conto è un passo verso il traguardo. Avere consapevolezza sia di quelli che sono effettivamente i propri limiti, sia di quelli che sono presenti solo nella nostra testa è un passo fondamentale per avere una vita migliore.