
Come tutti gli anni, fra pochi giorni gli alunni di tutte le scuole d’Italia si ritroveranno a dire “Buongiorno” ai loro insegnanti per i successivi nove mesi…Qualcuno per la prima volta, qualcun altro per l’ultimo anno.
Per altri questo tempo è passato, così come è passato da quest’anno per Marisa Abbondanzieri: non una delle tante ex allieve di una qualunque scuola (anche se, in tempi meno recenti, lo è sicuramente stata), ma un’insegnante in procinto di andare in pensione, di quelle evidentemente ancora legate al proprio lavoro ed al Buongiorno ad inizio lezione, tanto da scrivere una lettera di commiato pubblicata da Concita De Gregorio sul suo blog.
Non so cosa pensano di Marisa gli ormai ex allievi: a seconda del rapporto che avevano con lei potrebbero averla giudicata
- Preparata
- Severa
- Gentile
O, forse, poco adatta ad insegnare. In ogni caso, probabilmente si saranno dimenticati che ad impartire la lezione del giorno era una persona.
Spesso non ci pensiamo, ma tutti i nostri colleghi e superiori hanno una vita che va al di là dell’orario d’ufficio. A volte, frammenti di queste vite fanno capolino tramite i discorsi leggeri durante una pausa caffè o sulla scrivania, grazie ad una fotografia.
Questi frammenti di vita potrebbero portare a conoscere qualcuno al di là del solito luogo di lavoro, ma siamo spesso frenati dalla poca confidenza che abbiamo con il collega o superiore di turno, dando spesso luogo a dicerie non verificate o – peggio – maldicenze.
Ironia della sorte, ci limitiamo a salutare i colleghi in ufficio appena arrivati proprio prediligendo la parola buongiorno ad altre forme di saluto.
Ammetto che non sembra facile risolvere quello che io considero un problema, se non altro di comunicazione. Tuttavia, la soluzione è semplice: basta offrire un caffè ai colleghi e porre loro una domanda sulla loro vita, purché non sia troppo personale, in modo da non risultare indiscreti. Dite che ci riuscite?
Proprio l’altro giorno mi sono posta un po’ la stessa domanda: cos’altro dire al posto del classico “buongiorno”? Sono abituata a salutare sempre le persone che incontro, anche se non le conosco; questo soprattutto quando si è in fila ad un supermercato, in una sala di attesa o in un ascensore.
Il più delle volte, al posto del “buongiorno” preferisco un bel” buona giornata”; alcuni si limitano ad un freddo “salve”. Ma, l’altro giorno, quando facevo questa riflessione mi trovavo in un ascensore di un ospedale… così mi sono detta: ma salutare con un “buongiorno” o “buona giornata” una persona che magari è lì per un famigliare in fin di vita, per una persona cara che sta soffrendo… ecco, mi sono sentita un po’ in imbarazzo sul che dire, che non sembrasse offensivo anche se involontariamente.
Come si può augurare una “buona giornata” ad una persona che si trova in sofferenza…
Conosco persone che non salutano, a costo di sembrare maleducate, ma non vogliono sembrare ipocrite e fare smancerie inutili…
Consolata, la soluzione l’hai proposta tu stessa: io, in ospedale, mi limito al “salve”: sicuramente più generico e freddo di altre forme, ma – almeno – permette di “togliersi d’impiccio”