A volte, può capitare che ci chiedano come stiamo e la nostra risposta può lasciare disorientato chi parla con noi. A qualunque persona piacerebbe stare sempre bene, a chiunque piacerebbe sentirsi rispondere che stiamo bene.
Tuttavia, come dicono Mia Martini e Loredana Bertè, la risposta non è sempre affermativa: a chiunque può capitare un momento no, in cui ci sembra che nessuna persona ci ascolti.
Ho sempre avuto l’impressione che questo sia un momento brutto per chiunque, ma non per i motivi che si possono facilmente immaginare. Da una parte, vorremmo sfogare il nostro dolore, nella convinzione che – una volta pianto, urlato o tirato qualche pugno al muro – staremo bene. Tuttavia, in quel momento stiamo così male che non abbiamo la forza di compiere nessuna azione.
A mente fredda, chiunque è portato a pensare che si tratta solo di un momento passeggero della nostra vita. Pensare che – prima o poi – passerà è di scarso aiuto, se non di nessuno aiuto.
Da soli non possiamo fare niente: sono gli amici che abbiamo vicino che debbono rimboccarsi le maniche in quel momento. Difficile dire cosa debbano fare: dipende da molti fattori, fra cui
- Il carattere, sia di chi deve consolare, sia di chi dovrebbe essere consolato
- La situazione
- Il rapporto che esiste fra chi consola e chi è consolato
So bene che è difficile essere d’aiuto in casi come questo, ma una cosa (spesso tenuta in scarsa considerazione) può arrivare in nostro aiuto: il tempo trascorso insieme.
Il carattere di una persona non emerge tutto immediatamente, ma gradualmente. Ricordando ciò che abbiamo trascorso in passato con l’amico di turno possiamo immaginare su cosa fare leva per alleggerire la situazione o – ancor meglio – consolare il prossimo.
Se, però, siamo noi ad essere tristi e stiamo esagerando con l’autocommiserazione, dobbiamo essere pronti ad accettare un eventuale rimprovero da parte di chi sta cercando di aiutarci.