In questi giorni in cui ogni palo della luce a Milano sembra inneggiare al tanto famoso e celebrato Salone del Mobile , io ho pensato ad un altro palo.
Se pensiamo al palo nel senso di mestiere criminale ed a Milano, logico pensare alla figura descritta da Enzo Jannacci nella sua celebre canzone.
Una canzone comica, senza dubbio, con protagonista una persona altrettanto comica: chi ha mai visto il palo di una banda di ladri…non vedente?
Il punto è proprio questo: a meno che qualcuno non ci metta sotto gli occhi le difficoltà (non solo le eventuali disabilità) noi non le vediamo e scusate il gioco di parole.
In un certo senso, può sembrare anche giusto: giusto trattare una persona per ciò che è senza tenere conto di
- Eventuali disabilità
- Colore della pelle
- Preferenze di qualunque tipo
Non tenerne conto, tuttavia, non vuol dire fregarsene: significa trattare una persona con tutto il rispetto che merita, come se si trattasse di noi stessi. Non significa, invece, fare finta che non esiste.
La figura del palo di Jannacci è – a suo modo – emblematica: tutti sanno che non ci vede, eppure pretendono che si comporti come gli altri. Caliamo tutto questo in un mondo reale: portereste mai una persona con difficoltà uditive ad assistere ad un concerto?
Non pensate di essere la sola persona al mondo con difficoltà di un qualche tipo: tutti lottiamo con i nostri problemi, ma nessuno di noi vuole essere trattato come il celebre palo dell’ortica. Fuori dai denti: non possiamo pretendere che gli altri facciano ciò che facciamo noi.
Anche esulando dalla tematica della disabilità, credo che ogni persona debba essere calata nel ruolo che le è più congeniale. Qui commettiamo diversi errori. Se siamo genitori, ci aspettiamo che i figli seguano la nostra strada. Anche quando non abbiamo figli – pretendiamo che gli altri facciano ciò che vogliamo noi.
Se un palo sguercio fa sicuramente ridere all’interno di una canzone, non si può dire altrettanto di una persona che non si sente a proprio agio in un ruolo. Il parlarsi di più è anche questo: calare l’altro in un ambiente in cui si trova bene.