Come Elisa e Ligabue, anche io ho messo via tante cose nella mia vita. Credo sia normale.
Tuttavia, come dice il testo, non riesco mai a mettere via le persone, anche quelle che mi hanno messo nella condizione di andarmene, oppure quelle con cui – con rammarico – non sono riuscito a mantenere i contatti.
Qualche studio sostiene che sia normale nella vita. Studi a parte, quanti di noi possono dire di essere ancora in contatto – per esempio – con tutti i compagni di scuola, soprattutto delle elementari?
Il cervello, però, è un organo strano: a volte, fa quello che vuole lui. Quando sembra di aver messo via per sempre un ricordo, ecco che quel ricordo riaffiora, coinvolgendo il cuore.
Se ciò accade, significa che non abbiamo messo via un bel niente: lo abbiamo lasciato in un angolo della nostra mente e, quando ci siamo rilassati un attimo pensando di aver dimenticato quella determinata cosa, il ricordo si fa più vivo.
Se è un ricordo piacevole, meglio per noi: ci permette di pensare che le cose belle possono accadere. Viceversa, se il ricordo è spiacevole, vorremmo averlo messo via per sempre, perché ci fa stare male.
Se il ricordo fosse un oggetto qualsiasi, basterebbe un po’ di fuoco (oppure – molto più semplicemente – un cestino della spazzatura) per essere sicuri di averlo tolto dalla nostra vita per sempre. Tralascio l’eventualità che si possa riacquistare l’oggetto, perché sarebbe puro sadomasochismo.
Per mettere via un ricordo che ci turba, occorre agire. Non credo nei rituali magici, ma credo in quei gesti che ci possono psicologicamente aiutare a mettere via le cose che ci fanno stare male.
L’esempio classico potrebbe essere un qualsiasi sport da combattimento: prendere a pugni o a calci un sacco da boxe immaginando che sia quella cosa o quella persona che ci ha fatto male potrebbe aiutare a sfogarci. Se non siete così aggressivi, potrebbe bastare una lettera indirizzata a quell’oggetto o a quella persona che poi brucerete.