
Scendere da una nave dovrebbe essere semplice: il capitano adotta tutte le misure del caso ed i passeggeri possono sbarcare. In queste ore, però, la notizia che i migranti della Sea Watch 3 non possono sbarcare perché il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non ha ancora dato l’autorizzazione necessaria.
I tweet con l’hashtag #IoStoConCarola non si sono fatti attendere, come quello di Monica
Fateli scendere sciagurati!!!
In tre parole, Monica ha espresso il suo pensiero. Non abbiamo modo di conoscere, invece, il pensiero delle persone stipate a bordo della nave. Possiamo solo immaginarlo: sono a poche miglia dal porto e si domandano
Perché non possiamo scendere?
La frase più logica sembrerebbe quella contenente la verità: non possono sbarcare perché è stato deciso così e le varie parti coinvolte sono su posizioni divergenti.
Se la situazione politica non sembra risolvibile in tempi brevi, quella strettamente umana potrebbe avere una soluzione rapida se si cominciasse ad usare la parola persone al posto di una delle tante che usiamo per etichettare chi cerca di sbarcare in Italia. Spesso li chiamiamo migranti, ma è solo un modo per etichettarli.
Facciamo lo stesso con chi non la pensa come noi oppure ha usi e costumi diversi dai nostri. Cominciare a pensare che è un popolo che non conosciamo ci spaventa: la Storia (quella con la esse maiuscola, che si studia sui libri) è piena di questi esempi. Invece, anteporre la parola persone fa venire voglia di conoscere qualcuno che – magari – ci ha colpito per una qualche caratteristica.
Lo ammetto: le caratteristiche dei migranti odierni possono spaventare. Non perché siano pericolosi, ma perché inconsciamente rifiutiamo la possibilità di vivere in povertà. All’atto pratico, rifuggiamo qualsiasi cosa ci possa ricordare questa eventualità.
Non so come risolvere direttamente né la questione migranti, né la paura della povertà. Tuttavia, ho imparato che – per conoscere chiunque – bisogna cominciare a parlare con questa persona. Solo dopo potremmo capire se è così sgradevole da ritenerla pericolosa per noi o per la nostra città.