
Se Milano è quella che è al giorno d’oggi, lo deve anche all’architetto argentino naturalizzato statunitense César Pelli, che ideò il progetto di Porta Nuova, inizialmente osteggiato anche da Elio e le Storie Tese.
Venerdì scorso, 19 luglio, l’Architetto è morto. Di lui resteranno tante opere a ricordarcelo. Purtroppo, però, non avranno la stessa durata delle opere di Verdi o di Mozart.
Il motivo, per quanto possa sembrare banale una volta letto, sta nella stessa natura delle sue opere: mentre un testo letterario o musicale non può essere modificato una volta scritto, una città è uno spazio in continua evoluzione. Dopo Pelli e la altrettanto compianta Gae Aulenti, a cui è dedicata l’omonima piazza progettata dall’architetto argentino, arriveranno altre archi-star.
Non posso immaginare come sarà Milano in futuro, sicuramente sarà diversa da oggi. Qualcosa, oltre – naturalmente – ai monumenti, spero resterà. Quei vecchi spazi (fra cui, magari, la stessa Piazza Gae Aulenti), aiuteranno a non dimenticare il passato di una Milano che non ci sarà più.
In fin dei conti, una città non è molto diversa da una persona: non deve perdere le proprie radici per non perdere nemmeno la propria identità.
Naturalmente, sia la città che le persone possono evolversi con il tempo: le esperienze accumulate formano sia la città, sia le persone. Tuttavia, le esperienze di accumulano, quasi come se si sedimentassero le une sulle altre. Dobbiamo sempre tenere sempre presente lo strato sottostante per comprendere come interpretiamo il nostro presente. Questo è il senso non solo della frase di un film con Will Smith, ma anche dell’arte in generale.
La vita è un po’ come un’opera di Pelli: forse eccezionale ed imprevedibile, ma comprensibile se vista con un po’ di distacco, nel corso del tempo. Le nostre scelte dipendono, in fin dei conti, dal terreno che abbiamo calpestato fino a quel momento: il nostro passato.