Viceversa è una parola strana: a seconda del contesto in cui la inseriamo, assume un significato diverso.
Accostare viceversa all’amore, come ha fatto Francesco Gabbani significa avere reciprocità ed empatia verso la persona amata: quando uno dei due sta male, l’altro ne capisce il dolore dalle espressioni facciali. Non solo: fa quanto in suo potere per risollevarne l’umore, anche solo per pochi minuti.
Questo vuole dire Gabbani presentandosi in un video in cui si dà spazio alla mimica facciale. Se ci si vuole bene, non servono parole per capire che l’altro sta male o si sente giù di morale: basta la sua espressione.
Guardare l’espressione dell’altro è un modo per ascoltarsi. Ascoltarsi significa anche mettere da parte i propri problemi per dare spazio all’altro. Questo vale per le coppie, ma non solo. Anche nei gruppi più numerosi accade la stessa cosa.
La letteratura ci da un buon esempio con il motto dei tre moschettieri
Uno per tutti, tutti per uno
Non servono grandi spiegazioni per comprenderne il significato. A volte, tutte le persone di un gruppo devono mettere da parte i rispettivi problemi per ascoltare chi di loro non riesce a venire a capo di una questione che lo assilla. Perché lo devono fare o sentono di doverlo fare? Semplicemente, per amore.
Mi riferisco ad un sentimento di amore universale e più simile ai comandamenti cristiani, quello che definiamo -banalizzandolo molto – il volersi bene, non semplicemente a quello festeggiato a San Valentino. Chi vuole bene ad una persona, quando occorre, ne capisce le difficoltà e cerca di aiutarlo. Magari qualcuno è un po’ meno empatico di altri, perciò è necessario che chi si trova in stato di bisogno lo dica esplicitamente.
In ogni caso, c’è un semplice modo per capire se una persona ci vuole bene o meno: ci aiuta se abbiamo bisogno e noi faremmo lo stesso per lui.