
In questi ultimi giorni circola la fotografia che vedete: ritrae un’infermiera, addormentata su una scrivania, con ancora indosso la sua tenuta da lavoro: cuffia, mascherina e camice.
Le notizie che sappiamo ci hanno permesso di contestualizzare il tutto. Data l’epidemia che stiamo affrontando, il lavoro delle infermiere e di tutti i sanitari è molto prezioso. Cosa sarebbe accaduto, però, se la stessa fotografia della stessa infermiera fosse circolata in un periodo di calma sanitaria?
Non ci vuole molto ad immaginare che qualcuno (non tutti) avrebbe apostrofato questa persona come una nullafacente. Infatti, spesso emettiamo giudizi senza conoscere tutta la storia, ma sulla base di pochi frammenti di realtà, come potrebbe essere questa fotografia.
La stessa cosa accade quando incontriamo per strada un mendicante: molti di noi cambiano strada per non incrociarlo sul proprio cammino, forse perché ne ne provano ribrezzo, forse per altri motivi. Pochi hanno il coraggio di offrirgli qualche centesimo, ancor meno quelli che si soffermano ad ascoltare la sua storia.
Non è assolutamente sbagliato analizzare la realtà: ci permette di vivere come persone che riescono a valutare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Purtroppo, siamo frettolosi anche nelle valutazioni. Spesso sbagliamo, rendendocene conto solo molto tempo dopo. Se ci fossimo fermati davanti al volto rattristato e rugoso del mendicante, avremmo sentito la sua storia. Sentendo questa storia, forse avremmo cominciato a capire di più della sua vita e di altri mendicanti.
Quello che non facciamo ai giorni nostri è una sola cosa: fermarsi a parlare con l’altro – chiunque esso sia – e riflettere su quanto ci dice. Invece, è molto probabile che emetteremo giudizi affrettati.
In un certo senso, la soluzione è semplice: tenere a freno la lingua, far parlare l’altro e ribattere solo quando saremo sufficientemente sicuri di aver compreso, anche con il cuore, un po’ della sua vita.