Raffaella è mia – Tiziano Ferro

Tiziano Ferro dedicò una canzone a Raffaella Carrà già nell’ormai lontano 2006. Se non fosse stato abbastanza esplicito il testo, la dedica alla Carrà  nel video era palese.

Non voglio parlare del significato della canzone in senso stretto. Voglio far  notare che alcuni personaggi fanno parte dell’immaginario collettivo anche quando sono in vita, come nel caso della Raffaella Nazionale o di Pippo Baudo.

Oltre al dolore che si prova per la scomparsa di una persona, non riusciamo ad immaginarci una vita senza di lei, anche se l’abbiamo conosciuta solo attraverso gli schermi televisivi. Questo concetto non sembra avere nulla di sbagliato: nel corso della storia, le persone hanno sempre avuto degli idoli pop. Persino l’impero romano aveva i suoi idoli popolari: i gladiatori che combattevano al Colosseo. Nei libri di storia, però, non è riportato nessuno dei loro nomi e bisogna fare una ricerca su internet per avere qualche notizia in merito.

Vorrei andare un po’ controcorrente, nonostante sia io stesso dispiaciuto per la morte di Raffaella Carrà. Le nostre serate davanti alla televisione non saranno più le stesse, perché prima o poi ci affezioneremo ad un altro idolo pop, spostando quelli a cui siamo abituati oggigiorno nel dimenticatoio. Non pensiate che non sia già accaduto in passato: negli anni sessanta, Gianni Morandi divenne l’idolo delle ragazzine, scalzando Claudio Villa – idolo dei genitori delle adolescenti di quegli anni –  dall’immaginario collettivo della canzone italiana.

Ne abbiamo esempi anche in letteratura. Sangue e Arena del 1909 si conclude con la morte del matador e la frase

Ruggiva la belva: la vera, l’unica

Fra qualche tempo, racconteremo di Raffaella Carrà ai nostri nipoti se e quando la RAI vorrà dedicare un documentario. Probabilmente loro risponderanno che preferiscono l’idolo di quel momento. Pochi di noi, però, avranno ancora a disposizione video o brani di Raffaella Carrà e dovremo chiedere aiuto al pronipote di YouTube.

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