
Nei miei articoli parlo spesso del tempo in senso cronometrico del termine perché lo considero un giudice, un po’ come la frase pubblicata su OgniGiorno Magazine
C’è un giudice chiamato tempo, che mette ognuno al proprio posto
Pensate, per esempio, a qualcuno che ci dice di lasciar perdere una nostra passione perché non siamo sufficientemente bravi. Questa persona non considera che, con il tempo e la passione, miglioreremo sicuramente.
Questa persona si auto-nomina nostro giudice che emette una sentenza prima ancora che la vicenda che ci vede coinvolti non è ancora terminata.
John Belushi aveva ben evidenziato questo rischio in un suo famoso monologo
Non finisce proprio niente se non l’abbiamo deciso noi
La conclusione è presto tratta: nessuno – a parte noi – ha il potere di decidere sulla nostra vita.
Sarà il tempo – e non qualsiasi altra entità o persona – a stabilire se abbiamo avuto ragione oppure torto. Nel secondo caso, non dobbiamo rammaricarci: l’importante è averci provato, sempre ammesso che abbiate agito con correttezza. Un po’ di rammarico dovrebbe esserci dall’altra parte per aver parlato troppo presto, non potendo prevedere come sarebbe andata a finire.
Se abbiamo avuto ragione, non c’è motivo di festeggiare troppo: abbiamo fatto valere i nostri diritti. La cosa buffa è che chi voleva giudicarci sarà giudicato dal tempo. Del resto, è una caratteristica della storia. Non mi viene in mente nessun dittatore che abbia abdicato perché si è reso conto di avere torto; persino Hitler si suicidò solo all’ultimissimo momento.
Se la storia insegna qualcosa, è che tende a ripetersi: una persona che giudica sostenendo di avere ragione difficilmente sarà benvoluto, perlomeno nel lungo periodo.
Ben sapendo cosa è accaduto in passato, piuttosto che giudicare il prossimo, dobbiamo dedicare il nostro tempo a migliorarci.